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Recensione di Nadia - Un bel Quartiere di Therese Anne Fowler
Un bel quartiere di Therese Anne Fowler
Editore: Neri Pozza| Pagine: 320 | Pubblicazione: 2021| Prezzo 18,00€ | Trama:Qui
Genere: letteratura americana
Notizie sull'autrice
Therese Anne Fowler è autrice del romanzo Z: A Novel of Zelda Fitzgerald, che è stato adattato per la televisione con il titolo Z: The Beginning of Everything con Christina Ricci. Cresciuta nel Midwest, si è trasferita in North Carolina nel 1995. Ha un BA in sociologia/antropologia culturale e un MFA in scrittura creativa, entrambi conseguiti alla North Carolina State University.
Recensione di Nadia
Buongiorno lettrici e lettori! Oggi voglio parlarvi di un romanzo che non ricordavo di avere sul Kobo e che ho deciso di leggere dopo che ne ha parlato Chiara, una delle piratesse della Jolly Roger. Mi riferisco a Un bel quartiere, di Therese Anne Fowler.
Carolina del Nord, giorni nostri. Nel quartiere alto borghese di Oak Knoll si è appena trasferita la famiglia Whitman, composta da padre, madre e due figlie, di cui un’adolescente di diciassette anni. Il padre, Brad, è il proprietario di un’importante ditta di climatizzatori ed è una piccola celebrità in zona. Accanto a loro vivono Valerie Alston-Holt, una professoressa di colore, con il figlio diciottenne Xavier. Un’apparentemente sciocca diatriba di vicinato e l’amore tra i due giovani scateneranno una reazione a catena dagli sviluppi inevitabili.
Devo ammettere che verso questo romanzo ho avuto sentimenti contrastanti. Per la prima metà purtroppo mi sono annoiata: l’autrice si prende il suo tempo per farci comprendere la natura dell’ambiente in cui si trovano a interagire i protagonisti, e nel farlo mette in scena la “normale banalità” di una cittadina della Carolina del Nord. A mio parere questa parte poteva essere abbreviata un po’ senza nulla togliere al romanzo. Dalla seconda parte in poi, e soprattutto nella terza, la storia prende abbrivio e gli avvenimenti si susseguono a ritmo incalzante, sebbene per quanto mi riguarda non ci siano state vere e proprie sorprese. In breve, mi aspettavo che il libro sarebbe finito esattamente così e sono rimasta un po’ delusa, perché, sempre secondo me, l’autrice ha scelto la via più facile per comunicare il suo atto di denuncia nei confronti di una società, quella degli Stati Uniti del sud, ancora profondamente razzista e ingiusta.
Io non conosco abbastanza bene gli USA per poter esprimere un’opinione in merito; non posso parlare chiaramente perché altrimenti spoilererei l’intero romanzo ma, se davvero le cose negli Stati Uniti (o perlomeno in Carolina del Nord) funzionano come raccontato, credo che chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale e si ritrovi a vivere lì dovrebbe vergognarsi di essere americano ed emigrare, come minimo. Credo che appunto l’incredulità sia il sentimento che maggiormente ho provato leggendo l’ultima parte di questo romanzo; per pagine e pagine non ho fatto altro che pensare “ma non può funzionare così, non ha nessun senso, è un’esagerazione”. Temo però che non lo sia affatto, e questo mi provoca una rabbia furibonda, al punto che, ancora adesso che sto scrivendo, uscirei e spaccherei qualcosa. È raro che un romanzo mi provochi emozioni così forti, quindi credo che da questo punto di vista io possa considerare il lavoro di Therese Ann Fowler perfettamente riuscito. Vorrei però conoscere qualche abitante della Carolina del Nord che mi dicesse incontrovertibilmente che no, da loro queste cose a questi livelli non succedono, che è soltanto un’estremizzazione provocatoria e che nella realtà le cose non sarebbero mai e poi mai potute andare come raccontate dall’autrice.
Una particolarità che ho trovato decisamente azzeccata è stata quella di raccontare il romanzo dal punto di vista della comunità di vicini, in prima persona plurale: una sorta di coro greco, che non prende posizione ma scandisce senza pietà l’ineluttabilità della vicenda, a riprova che no, non c’è redenzione, le cose andranno come devono andare, qualsiasi cosa si faccia per impedirlo, semplicemente perché tutto è sempre andato così. Anche se gli schiavi non ci sono più, anche se vivi in un “bel quartiere”.
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