Recensione - Mia amata Yuriko di Antonietta Pastore
Desperate Bookswife |
Antonietta Pastore è nata a Torino. Visiting professor all'Università di Ōsaka dal 1977 al 1993, dopo essere tornata in Italia si è dedicata alla traduzione letteraria e alla scrittura. Oltre a gran parte della produzione di Murakami Haruki, ha tradotto le opere di numerosi autori, tra i quali Natsume Sōseki, Inoue Yasushi, Kawakami Hiromi. Con Einaudi ha pubblicato il saggio Nel Giappone delle donne (2004), la raccolta di racconti Leggero il passo sui tatami (2010), e il romanzo Mia amata Yuriko (2016).Recensione
STORIA DELLA MIA COPIA
L'anno in cui si è ammalato papà ho frequentato una libreria a due passi dall'ospedale all'interno della quale ho trovato serenità, amicizia e molti consigli. La libraia, anche se oggi non è più lì ma ha cambiato città, è in gamba, carismatica e sopratutto, quando ti racconta un libro...tu devi averlo, diventa una questione di necessità. Ecco, lei mi ha creato l'esigenza di avere il romanzo della Pastore, nota sopratutto per essere la traduttrice di Murakami, così lo comprai. Una volta arrivata a casa lo riposi in ordine alfabetico insieme agli altri libri e lì rimase. Oggi è arrivato il suo momento. Vi racconto un po' cosa ci ho trovato al suo interno...
IL MIO COMMENTO
Questo libro racconta delicatamente la storia di Yuriko, giovane donna che vive con la sua famiglia sull'isola di Etajima (Giappone), proprio vicino all'Accademia Navale. Per una serie di motivi incontra Yoshi, ragazzo iscritto all'Accademia per volere dei suoi genitori. Li presenta il fratello di Yuriko, si innamorano, ma le origini diverse pesano, lei ha origini umili e mentre la famiglia di lui appartiene a una stirpe di samurai. In tempo di guerra però non si guardano troppo queste cose e così i giovani innamorati si scambiano le promesse e vivono ogni giorno con felicità e passione. Il tempo di partire si avvicina e al momento dell'imbarco restano solo i ricordi e le lettere che lui riesce a scriverle, fino a quando Yuriko, il 6 agosto del 1945, non si reca ad Hiroshima per cercare il marito di cui non ha notizie da tempo...
Mia amata Yuriko è una storia che ci viene raccontata grazie ad un personaggio che ci fa da narratore, lei è italiana, sposata con un giapponese e trapiantata lì per scelta e non per obbligo, è perfetta per accompagnarci in un luogo lontano da qui. tutto è più comprensibile grazie alla sua guida e alle sua spiegazioni. Sarà proprio lei a incontrare la zia acquisita Yuriko, ormai non più giovanissima e sopratutto...divorziata. Ma c'è qualcosa di strano in lei, un'aria assorta, distante, a tratti dolce. Conserva ricordi dell'ex marito in maniera stravagante. Proprio da questa visita a casa della nostra protagonista, la narratrice inizierà a comprendere la storia dell'infanzia e successivamente del matrimonio di Yuriko grazie ai ricordi di sua suocera, una donna che l'ha accolta in famiglia come una figlia.
Grazie alla storia di un amore diverso da quello che potremmo immaginare, Antonietta Pastore affronta un argomento delicato, ovvero la condizione e se vogliamo il "razzismo" degli stessi Giapponesi nei confronti di coloro che erano ad Hiroshima quel giorno. Oltre alle vittime morte all’istante, in molti perirono entro un anno a causa delle radiazioni e delle bruciature, ed un alto numero di giapponesi moriranno in seguito di cancro o di malformazioni alla nascita, tutte conseguenze a lungo termine della bomba atomica.
Un libro che parla di attese, di pazienza, di scelte quasi impossibili da prendere, di un amore così forte e lo struggente abbandono. Ci parla di guerra, di sofferenza, di diffidenza. Ma in guerra, c'è davvero il buono e il cattivo? Chi ha veramente iniziato? Centotrentadue pagine forti eppure apparentemente leggere. Ammetto che durante la lettura non ho provato molto...leggevo cercavo di immedesimarmi, cercavo di comprendere dove saremmo andati e perchè. A fine lettura pian piano ho metabolizzato e colto qualcosa, che non so se fosse quello che l'autrice volesse comunicare, ma qualcosa mi è arrivato. Continuo a sostenere che questo non sia proprio il mio genere di letture, ma devo dare a Cesare quello che è di Cesare e la Pastore merita di essere letta, anche solo per il suo stile, che ti arriva poco per volta, in punta di piedi.
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