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Nadia around the world: Tel Aviv - Tre piani di E. Nevo

giovedì, settembre 14, 2023 Baba Desperate Bookswife 0 Comments



Buongiorno lettrici e lettori!

Agosto è ormai terminato e con esso le vacanze, almeno per un po’. Ma, dal momento che sono molto restia a lasciarle andare, ho deciso di prolungare le vibes estive leggendo un romanzo ambientato nella terra che ho visitato il mese scorso, ovvero Israele.

Piazza Dizengoff

ll libro in questione, che mi aiuterà a portarvi alla scoperta di Tel Aviv, è Tre piani, dell’israeliano Eshkol Nevo, ambientato appunto in un condominio borghese alla periferia di questa città.

Tre piani: fonte Google

Comincio subito col dirvi che, questa volta, non mi sono innamorata del luogo che ho visitato. Sono stata quasi un mese a Tel Aviv, a parte una breve escursione sul Mar morto, e devo dire con amarezza che, sebbene fossi partita come al solito priva di pregiudizi, gli aspetti negativi che ho riscontrato sono stati maggiori di quelli positivi. Ciò che la promozione turistica di Israele mostra ai possibili viaggiatori europei è un a città all’avanguardia, moderna e giovane, piena di grattacieli, con un bellissimo lungomare e spiagge assolate e ricche di servizi. 

lungomare

Tutto questo c’è, è innegabile, ma è soltanto una minima parte di ciò che si può vedere in città, senza neanche troppo sforzo. Basta grattare poco sotto la superficie patinata infatti, allontanarsi di un solo isolato dall’eleganza degli hotel di lusso in riva al Mediterraneo, per scoprire una città piena di contrasti, purtroppo molto sporca, con tante case fatiscenti attaccate a palazzi eleganti e giovani senza fissa dimora che chiedono l’elemosina, anche nel centralissimo viale Rotschild.

Viale Rotschild. Fonte: Marco M.

una sporca via del centro

Questa dicotomia che Marco e io abbiamo riscontrato in città è forse specchio di quanto raccontato da Nevo nel suo Tre piani. Sebbene vediamo un condominio di periferia tranquillo, più che dignitoso e perfettamente mantenuto, se anche qui grattiamo sotto la superficie, possiamo renderci velocemente conto che non tutto è così perfetto, anzi, tanti piccoli o grandi segreti punteggiano le vite dei personaggi che abitano dietro quelle finestre.

Tre piani racconta le storie degli abitanti di tre diversi appartamenti, situati appunto su tre piani diversi (ma il riferimento è anche, come si evince dall’ultimo racconto, ai tre piani dell’anima enunciati da Freud): abbiamo la coppia con le due bambine, il cui padre si convince che l’anziano marito di origine tedesca che abita sul loro pianerottolo, affetto dall’Alzheimer, abbia abusato di sua figlia maggiore mentre le faceva da baby sitter. C’è poi la donna del secondo piano, quasi sempre sola a casa con i due figli dal momento che il marito è spesso via per lavoro, che ospita il cognato ricercato dalla polizia e dalla malavita… ma sarà vero, o la mente sovraeccitata e stressata le sta giocando l’ennesimo brutto scherzo? Infine, la giudice in pensione del terzo piano, vedova da poco, che forse potrebbe avere un’ultima possibilità per ricucire lo strappo con il proprio unico figlio.

Per questi tre racconti Nevo sceglie la strada del monologo: il padre del primo piano racconta la storia a un amico in un bar, la donna del secondo scrive una lettera all’amica emigrata negli Stati Uniti, mentre l’ex giudice parla al marito morto registrando le sue confessioni sul nastro della segreteria telefonica. Tutte e tre le storie sono in qualche modo incompiute, e questo può dare fastidio a molti, me ne rendo conto perché ha infastidito parecchio anche me, all’inizio. Possiamo avere qualche indizio su come siano finite le diverse storie cogliendo i piccoli indizi che l’autore dissemina nei racconti degli altri personaggi, ma diverse domande resteranno senza risposta. D’altra parte, è così anche la vita, e così è stato anche per il mio soggiorno in Israele.

piazza Rabin

Tre piani ha comunque dalla sua uno stile che io ho trovato ipnotico, mi ha ammaliato al punto che, pur non avendo tantissimo tempo da dedicargli, l’ho terminato in tempi piuttosto brevi. L’autore ci dice, tra le righe ma poi neanche tanto, che per quanto pensiamo di sapere sugli altri e soprattutto su noi stessi, non è mai la verità e, prima comprendiamo questa cosa, e meno rischiamo di rimanere ingabbiati nella nostra visione granitica del mondo e di commettere errori che a volte possono essere irreparabili. Una storia scorrevole e per me piacevole, che consiglio a coloro che vogliono sì evadere, ma anche riflettere un po’.

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