Keep Calm and Read Nadia #66 - Recensione di L'Isola dei fiori rossi

martedì, giugno 23, 2020 Baba Desperate Bookswife 0 Comments





Buongiorno lettrici e lettori, come state? Oggi vi faccio viaggiare molto, molto lontano con l’immaginazione: andremo infatti alle Hawaii con L’isola dei fiori rossi di Alan Brennert, un romanzo che ha saputo emozionarmi, commuovermi e che, soprattutto, mi ha insegnato tantissime cose.

Non sapevo, per esempio, che la popolazione hawaiiana fosse stata, tra la fine del Diciannovesimo e l’inizio del Ventesimo secolo, tra le più colpite dal morbo di Hansen, ovvero la lebbra: a quanto pare gli abitanti di questi luoghi, vissuti per secoli nell’isolamento, si ritrovarono privi delle difese immunitarie necessarie ad affrontare e debellare la maggior parte delle malattie portate dagli stranieri, tra cui proprio il morbo di Hansen. Per cercare di arginare questa grave e contagiosa piaga, che rischiava addirittura di portare la popolazione hawaiiana all’estinzione, il governo impose misure restrittive molto dure: chi si ammalava di lebbra veniva arrestato, esiliato sull’isola di Moloka’i e i suoi beni confiscati per pagargli le cure (purtroppo, fino ai primi decenni del Ventesimo secolo, soltanto palliative).

Fonte Google

L’isola dei fiori rossi racconta la storia della vita di Rachel: ammalatasi di lebbra quando è solo una bambina, è costretta ad abbandonare la famiglia e a lasciare la sua casa di Honolulu per trasferirsi nel lebbrosario di Moloka’i. Vedremo Rachel crescere, farsi delle amiche e perderle a causa del morbo, crearsi una famiglia acquisita fatta di legami anche più forti di quelli di sangue e vivere una vita irta di difficoltà, ma anche piena e ricca di amore. 

Non sono una persona che si commuove facilmente; raramente un libro mi smuove emozioni nel profondo, ma devo confessare che questa storia ha saputo toccare le corde giuste. È impossibile non empatizzare con Rachel, non sentire la sofferenza di una bimba di neanche otto anni che deve allontanarsi, forse per sempre, dall’unica famiglia che ha mai conosciuto. Sicuramente questo romanzo non è una lettura leggera e vi lascerà tutt’altro che spensierati; devo però riconoscere che mai, neanche nei momenti più bui della vita della protagonista, mi sono sentita come se non ci fosse più speranza. L’autore è molto bravo nel dosare e alternare momenti più cupi ad altri più felici, e Rachel è un grande personaggio, che riesce a non abbattersi mai nonostante le durissime avversità a cui la vita la sottopone.

Inoltre questo romanzo mi ha conquistata per numerosi altri motivi: fra tutti l’ambientazione lussureggiante e perfettamente descritta, tant’è che già dalle prime righe ci si ritrova proiettati nella natura incontaminata della Honolulu di fine Ottocento. In più ho imparato tantissimo. Per esempio non conoscevo nulla della storia delle Hawaii prima dell’annessione degli Stati Uniti: voi sapevate che queste isole diventarono parte degli USA in seguito a un colpo di stato? O che fino alla fine del Diciannovesimo secolo le Hawaii fossero un regno? Adoro leggere romanzi dove alla finzione sono mescolati avvenimenti storici realmente accaduti. Durante la vita della protagonista l’autore ci farà conoscere i reali delle Hawaii e tremare per l’attacco giapponese a Pearl Harbor, ma troverà anche il modo di condannare la risoluzione statunitense che fece rinchiudere tante persone perfettamente integrate negli USA, colpevoli soltanto di essere nati in Giappone. 

Riuscirà la nostra Rachel a vedere il mondo fuori da Moloka’i? Lo scoprirete se deciderete di leggere questo meraviglioso e complesso romanzo, che credo mi resterà nel cuore e nella mente per molto, molto tempo.



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