#Nadia,
Keep Calm and Read Nadia #11 - L'anonimato nella letteratura
Buongiorno lettori e buon martedì, Nadia ci aspetta e io non vi farò perdere troppo tempo, ma volevo dirvi che anche questa volta la mia fidata collaboratrice ha tirato fuori dal cappello un argomento molto interessante: vogliamo sapere l'identità degli autori oppure non ce ne frega un tubo? Leggiamo insieme cosa ne pensa il mio braccio destro.
Buongiorno a tutti, amici lettori! Come state? Qui è cominciata la stagione degli sbalzi di
temperatura, così da circa una settimana ho un simpatico mal di gola con tosse annessa che sembra essersi affezionato a me e non ha nessuna intenzione di abbandonarmi… ma questa è un’altra storia!
temperatura, così da circa una settimana ho un simpatico mal di gola con tosse annessa che sembra essersi affezionato a me e non ha nessuna intenzione di abbandonarmi… ma questa è un’altra storia!
Oggi avevo voglia di raccontarvi alcune riflessioni che ha scatenato in me la lettura di un libro. Per la sfida organizzata da Denise di Reading is believing, Un libro al buio, ho dovuto leggere Il prigioniero della notte. Non so se vi possa interessare la mia opinione in merito al libro; diciamo che ho trovato avvincente la trama, ma ho anche riscontrato diversi difetti. Il nome dell’autore in copertina è Federico Inverni, ma si tratta di uno pseudonimo, perché l’autore vuole rimanere anonimo, ed è da qui che sono partiti tutti i pensieri che cercherò di condividere oggi con voi.
So che qualche tempo fa c’è stata una mega polemica sul disvelamento dell’identità di Elena Ferrante, autrice fra l’altro della serie dell’Amica geniale. Si è detto che l’autore deve avere il diritto di rimanere anonimo, che il desiderio smodato di scoprire chi si celasse dietro a quel nome denotava mancanza di rispetto e un interesse aggressivo e morboso, e che l’arte non ha bisogno del vero nome di una persona fisica alle spalle per essere legittimata.
Adesso ho paura che la vostra considerazione di me (se mai ne avete avuta una!) possa calare a livelli drastici, ma devo confessarvi una cosa: io sono una di quelle persone che vorrebbero sapere chi è l’autore del libro che sta leggendo. Vi assicuro che non sono una stalker, anzi: sono la classica persona che, se incontra un personaggio famoso per strada, si guarda bene dal chiedergli un autografo e anzi fa finta di non conoscerlo per paura di disturbare. E allora perché, direte voi, ti incaponisci con questa storia dell’anonimato per gli scrittori? Principalmente perché credo che uno scrittore lasci molto di sé nei libri che scrive, e che il lettore abbia una chiave di lettura in più per comprendere il libro. Faccio il primo esempio –inventato- che mi viene in mente: un libro che si ambienta nel Sudafrica dell’apartheid sarà molto diverso se l’autore è nato e cresciuto in Sudafrica piuttosto che se è sempre vissuto, che ne so io, in Alaska. Non si tratta, almeno nel mio caso, di curiosità morbosa, ma di avere degli elementi in più per capire quello che si legge.
Cercate di capirmi: sono assolutamente convinta che un autore abbia il diritto di restare anonimo. Ma io come lettrice mi sento un po’ defraudata, a torto o a ragione, e c’è questo piccolo tarlo che mi impedisce di godermi la lettura. Se il libro mi delude, poi, non ne parliamo: c’è un angolino di cervello, polemico e malvagio, che registra tutti i difetti, e continua a pensare “con chi me la prendo per questo buco narrativo? Comodo nascondersi dietro un nome finto, eh caro il mio scrittore?”. So che ci possono essere mille motivi per voler restare anonimo, e vi assicuro che non faccio parte di quella schiera di pazzi morbosi che sputano cattiverie sui social nei confronti di chi decide di non svelare la propria identità. Ma, lasciando per un attimo da parte il politically correct e parlando come tra amici: davvero a voi non dà fastidio non sapere nulla dell’autore che ha scritto un certo libro? Vi fate bastare il romanzo, seguaci dell’aforisma “è la storia, non colui che la racconta” di Stephen King (facile dirlo peraltro, quando sei il Re!)?
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