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Keep Clam, and Read Nadia #4 - Il condominio di J.B. Ballard

martedì, luglio 11, 2017 Baba Desperate Bookswife 4 Comments

Buongiorno a tutti! E' martedì, quindi? C'è Nadia!! Oggi ci parlerà di un libro che proprio non conoscevo e nemmeno avevo mai sentito nominare, si tratta di "IL CONDOMINIO". Lo avete letto? Vediamo un po' cosa ci svelerà la mia fidata collaboratrice.

Buongiorno ragazzi!
Oggi vorrei parlarvi di un libro che ho letto la settimana scorsa in vacanza, ovvero Il condominio di J.G. Ballard. Si tratta di un romanzo “quasi distopico” (perché l’ambientazione è quella contemporanea all’autore, ma in realtà i personaggi creano una “società” molto particolare e scissa dal resto del mondo) che Ballard ha scritto nel 1975 ma che io trovo essere estremamente attuale.

Prima di raccontarvi il mio pensiero vorrei inserire le prime righe dell’opera, per farvi entrare subito nell’atmosfera, e ne approfitto per salutare la mia amica Alessia de Il profumo dei libri che aveva inventato la rubrica Chi ben comincia J:

Era trascorso qualche tempo e, seduto sul balcone a mangiare il cane, il dottor Robert Laing rifletteva sui singolari avvenimenti verificatisi in quell’immenso condominio nei tre mesi precedenti. Ora che tutto era tornato alla normalità, si rendeva conto con sorpresa che non c’era stato un inizio evidente, un momento al di là del quale le loro vite erano entrate in una dimensione chiaramente più sinistra. Con i suoi quaranta piani e le migliaia di appartamenti, il supermarket e le piscine, la banca e la scuola materna –ora in stato di abbandono, per la verità- il grattacielo poteva offrire occasioni di scontro e violenze in abbondanza. Ma il suo appartamento al venticinquesimo piano sarebbe stato di sicuro l’ultimo posto che Laing avrebbe scelto come teatro della prima scaramuccia. Era una cella supervalutata, aperta sostanzialmente a casaccio nella facciata del palazzo, che aveva comprato dopo il divorzio specificamente per la pace, il silenzio e l’anonimato che la caratterizzavano.

Il tema del libro si evince già da queste poche righe: in un grattacielo di lusso, i cui inquilini sono persone di un’estrazione sociale medio-alta, dopo alcuni guasti elettrici e idraulici apparentemente banali comincia una lenta ma inesorabile regressione allo stato animale. Ciò che più mi ha colpito in questo romanzo è il fatto che l’autore non cerca una spiegazione eclatante per l’emergere della pazzia in persone apparentemente rispettabili; sembra quasi dirci che il germe della follia è insito in ognuno di noi e in qualche modo ne siamo affascinati, al punto che basta mettere insieme nello stesso “non luogo” (perché l’asettico condominio appena costruito, modello di perfezione apparente con tutti i suoi servizi e il suo lusso non è nient’altro che un non luogo, al pari di un qualsiasi aeroporto o centro commerciale) un numero sufficiente di persone affinché si manifesti con l’abbruttimento e un’escalation di violenza.
A differenza del Drive in di Joe Lansdale, -in cui la pazzia si
scatena in seguito alla permanenza forzata in un luogo chiuso di un nutrito gruppo di persone, costrette a cibarsi di zuccheri e bibite gassate- qui i condomini sono liberi di uscire e di andare al lavoro, e infatti molti di essi continuano una vita “normale” al di fuori dell’edificio. Ma è al suo interno che tutte le pulsioni aggressive e animalesche collidono ed esplodono, dando vita a una sorta di “nuova società” in cui gerarchie e valori hanno un significato comprensibile soltanto per chi ne fa parte.
Chi di voi conosce Ballard ricorda forse che, seppur britannico, è nato a Shangai e che durante l’adolescenza è stato rinchiuso in un campo di prigionia giapponese. Mi viene da pensare che quest’esperienza, in un’età oltretutto particolarmente formativa, abbia avuto un peso determinante nel fargli maturare la convinzione che esprimevo prima, ovvero che non dev’esserci per forza un motivo per scatenare la follia ma basta nutrirla in qualche modo e prima o poi lei prenderà il sopravvento.
Leggendo questo libro, oltre alle svariate riflessioni sulla nostra società e sui pericoli che consumismo e tecnologia possono rappresentare per la psiche umana (che, a mio parere, è estremamente fragile e lo diventerà sempre più) mi è venuto in mente il grattacielo Ponte city di Johannesburg: costruito proprio nel 1975, nelle intenzioni degli architetti come modello di eleganza, si è trasformato in breve in un coacervo di delinquenza e degrado. Ballard ci aveva visto giusto.


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4 commenti:

  1. Leggendo la tua recensione mi è venuto in mente il libro Musica dalla spiaggia del paradiso di John Ajvide Lindqvist, ambientato in un campeggio che diventa una sorta di mondo parallelo in cui i personaggi sono rinchiusi.
    Mi ispirano sempre questi libri un po' sociologici, che fanno riflettere sul comportamento delle persone che si trovano ad interagire un po' forzatamente! Magari prima o poi lo leggo! :)

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    1. È vero Dany, Musica dalla spiaggia del paradiso! Mi aveva messo addosso un’inquietudine angosciante che si era appiccicata addosso e non se ne voleva più andare, ma ricordo che l’avevo apprezzato parecchio, faticavo a staccarmene. Questo è decisamente meno metafisico, ma porta comunque con sé una buona dose di riflessione. Se ti capita, fammi sapere il tuo pensiero!

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  2. Ciao Nadia e bentornata, spero vacanze soprattutto rilassanti, oltre che divertenti.
    Di questo autore non ho letto nulla
    Mmmm al momento lo segno nel mio Listone, ma mi pare che - oltre ad essere molto interessante per l'aspetto socio-psicologico delle persone in quanto comunità, sia anche... ansiolitico!
    Anche le foto che hai allegato mettono inquietudine, mannaggia!
    Ci faccio un pensiero, magari in ferie è più facile leggerlo senza farsi impressionare ;-)
    Buona giornata, Ciao, Marina

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    1. Ciao Marina, grazie! Sì, ci siamo soprattutto riposati e rilassati e abbiamo girato un po’ l’isola di Rodi. Hai ragione, Il condominio è un po’ angosciante ma l’emozione più forte che mi ha suscitato è stata in realtà la rabbia, sia verso i personaggi, sia perché mi veniva spontaneo paragonare certi comportamenti alla vita reale (non posso credere che l’architetto di quell’obbrobrio di Johannesburg fosse lucido mentre lo progettava) e soprattutto ad alcuni dibattiti molto cruenti che leggo sui social (ma qui aprirei un altro discorso chilometrico e non è il caso!). Sicuramente da non leggere in un periodo stressante!

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