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Recensione di Nadia - Le impazienti di Djaili Amadou Amal

lunedì, giugno 05, 2023 Baba Desperate Bookswife 0 Comments

Fonte: Google

 Il libro
Le impazienti di Djaïli Amadou Amal
Editore: Solferino| Pagine: 224| Pubblicazione: 2021| Prezzo 17,00€| Trama:Qui
Genere: narrativa

Notizie sull'autrice
DJAÏLI AMADOU AMAL, di madre egiziana e padre fulani, è originaria del Camerun. Data in sposa a diciassette anni a un cinquantenne di buona famiglia, riesce a liberarsi del primo e poi anche del secondo marito, fuggendo a Yaoundé. Qui comincia una nuova vita lavorando, scrivendo e fondando un’associazione per l’istruzione femminile (Femmes du Sahel): diventa la «voce dei senza voce».
Nel 2010 il suo Walaande, l’art de partager un mari le attira l’attenzione del pubblico e delle istituzioni. Le impazienti, il suo terzo libro, esce in Camerun nel 2017 e nel 2019 riceve il Prix Orange du Livre en Afrique. L’edizione francese, per Emmanuelle Collas, è stata finalista al premio Goncourt e si è aggiudicata il Goncourt des Lycéens nel 2020, diventando un caso editoriale. In Italia, Le impazienti è stato tradotto da Solferino nel 2021.

 Recensione di Nadia

Buongiorno lettrici e lettori!

Torno su questi schermi per raccontarvi di un libro che mi è piaciuto perché mi ha insegnato parecchio: sto parlando de Le impazienti, di Djaïli Amadou Amal.

Ramla, Hindou e Safira sono tre donne camerunensi, musulmane. Ramla ha diciassette anni e, pur volendo diventare farmacista ed essendo innamorata di un giovane amico di suo fratello, è costretta dalla famiglia a sposare un cinquantenne amico di suo padre che ha già una moglie, Safira. Hindou è la cugina di Ramla. Anche lei diciassettenne, deve sposare il cugino Moubarak, violento, alcolizzato e drogato. In Camerun vige la poligamia, e soprattutto le donne non hanno voce in capitolo su chi devono sposare: la parola d’ordine per loro è munyal, pazienza. La donna dev’essere rispettosa, obbediente, deve compiacere in tutto e per tutto il marito e non avere desideri personali: soltanto così il matrimonio potrà essere felice. Nessuno prende le parti di una donna: né il marito, né la famiglia di origine, neanche se, come nel caso di Hindou, il marito picchia la moglie. Per i padri, infatti, le relazioni economiche e amicali sono più importanti della felicità delle proprie figlie. Per le madri, che a loro volta hanno subito la condizione che adesso tocca alle loro figlie, subentra la paura di perdere il proprio status e la serenità degli altri figli, nel caso in cui decidano di mettersi contro ai propri mariti. Alle giovani spose non resta che imparare in fretta l’arte della pazienza e dell’astuzia, per cercare di ottenere il massimo possibile dal proprio matrimonio.

Leggendo questo romanzo ho imparato diverse cose che non sapevo: in primis, nella mia ignoranza non conoscevo l’ubicazione esatta del Camerun sulla cartina, figuriamoci se ero a conoscenza del fatto che fosse un Paese musulmano in cui si praticasse la poligamia. A questo punto, che la situazione delle donne in questo stato non fosse idilliaca l’avevo già immaginato, ma la rabbia nel leggere certi passaggi è stata comunque violenta. Ciò che mi ha colpito è stata soprattutto l’impotenza delle spose, delle madri e delle figlie nei confronti di una società (questa sì, altro che la nostra) patriarcale e chiusissima, dove le donne sono considerate merce di scambio per accordi economici, alla stregua di un bue o di qualche pecora. Ho letto che la situazione vissuta dalla stessa autrice non è dissimile a quella che racconta per le sue protagoniste: anche lei è stata sposata a uomini che non ha scelto, ma è poi riuscita ad affrancarsi da questa situazione.

Devo ammettere che in alcuni punti ho trovato la storia un po’ ripetitiva, soprattutto nella parte narrata da Ramla. Forse per far comprendere appieno al lettore la situazione, l’autrice si sofferma più volte sugli stessi concetti, dal munyal all’impossibilità per la giovane Ramla di sposare chi desidera. La parte relativa a Hindou è stata quella che, prevedibilmente, mi ha fatto più rabbia: leggere di una ragazza piena di vita che si spegne lentamente perché non è minimamente supportata da nessuno mi ha spezzato il cuore. La parte dedicata a Safira è stata invece quella che mi ha maggiormente intrattenuta: Safira è la prima moglie di Alhadij Issa, il ricco cinquantenne che sposa anche la giovane Ramla. Safira non accetta di dover condividere il marito con un’altra, e mette in atto tutta una serie di stratagemmi, più o meno discutibili, per sbarazzarsi di lei. Safira ha trentacinque anni e per più di venti è stata l’unica moglie: ormai ha esperienza, è smaliziata e conosce bene i punti deboli del marito. È determinata ad averlo tutto per sé e non esiterà a mettere in cattiva luce l’incolpevole Ramla, se sarà necessario.

Una storia cruda, intensa, in cui difficilmente tra le donne c’è solidarietà, perché ciascuna è troppo occupata a non perdere i piccoli privilegi che ha conquistato con il tempo. Ho apprezzato questo romanzo perché mi ha aperto una finestra su un mondo che non conoscevo quasi per niente, sebbene in alcuni punti la storia fosse un po’ ripetitiva, tanto da diventare noiosa. Consiglio comunque questo libro a tutti coloro che sono curiosi di scoprire qualcosa in più su un Paese e su una cultura così lontana dalla nostra.

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